Il talento di Damiano Ciolli per il Cesanese di Olevano Romano: Silene 2015 parla chiaro

Il talento di Damiano Ciolli per il Cesanese di Olevano Romano: Silene 2015 parla chiaro

Il capitolo delle denominazioni italiani con una storia da raccontare ma un futuro ancora tutto da scrivere è a dir poco ingombrante. Prendiamo il Cesanese di Olevano Romano e tranquilli, se non ne avete mai sentito parlare siete in buona compagnia.

Siamo alle porte della capitale, nelle colline tra Roma e la Ciociaria – zona a sud est di Roma e identificata approssimativamente con la provincia di Frosinone – e il cesanese è un’uva rossa dal potenziale ancora tutto da esplorare. Damiano Ciolli, viticoltore di quarta generazione, è ormai diventato a tutti gli effetti un punto di riferimento per il Cesanese di Olevano Romano e il motivo è presto detto: due soli i vini prodotti – Silene (Cesanese Superiore) e Cirsium (Cesanese Riserva da un ettaro di vigna vecchia), dedizione totale alla varietà cesanese di Affile, tanto lavoro in vigna e una visione sempre più lucida in cantina.

Gli ultimi millesimi raccontano un Cirsium (soprattutto nella versione 2013) che sempre di più si caratterizza per articolazione e agilità, rispetto a versioni precedenti più “importanti” e di spessore. L’assaggio comparato delle due etichette al recente Vinitaly – presso il padiglione FIVI dei vignaioli indipendenti – ha confermato scelte stilistiche assai felici e confortanti, interpretazioni davvero mature ed espressive di una denominazione che qui mostra un potenziale decisamente significativo. Silene è il vino d’entrata dell’azienda e la versione 2015 non lascia adito a dubbi: siamo di fronte a un vino dalla personalità originale che non può lasciare indifferenti.

Rubino trasparente con bordo mattonato. Naso cangiante, mutevole, accattivante: cacao, olive, ginepro, bloody mary e pitosforo. Intrigante e delizioso da annusare, stupisce. Il sorso è leggiadro, lieve, scorrevole e dai dettagli ritmati: di corpo affusolato e senza asperità, poco tannico, dal centro bocca felicemente saporito di erbe e sottobosco, gioca al tavolo dei vini conturbanti, con un carattere boschivo che rapisce.

Se la denominazione è ancora tutta da costruire in termini di immagine e blasone, vini così non possono che mettere una bandierina sullo scacchiere dei rossi italiani di cui sentiremo necessariamente parlare.

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